Articolo aggiornato giorno 20 Giugno 2018
Kader Abdollah, nato in Iran e perseguitato dal regime dello scià (prima) e di Khomeini (poi), nel 1988 fugge dal suo Paese natale e trova rifugio politico nei Paesi Bassi. Nel 1995 firma Un Pappagallo volò sull’Ijssel.
Un Pappagallo volò sull’Ijssel: la trama
Accoglienza, questa potrebbe essere la parola che riassume Un Pappagallo volò sull’Ijssel. Quando, nei primi anni ’80, un gruppo di rifugiati arriva dal Medio Oriente nei Paesi Bassi (decisa nota autobiografica dell’autore), l’unica cosa che hanno in comune è la loro fede islamica.
Il Paese dei Papaveri li accoglie e li disloca lungo le placide sponde del fiume Ijssel, sul quale si affacciano quattro paesini, che vedranno la loro monotona quotidianità sconvolta (in senso positivo, ma non senza tensioni), dall’arrivo dei colorati e vivaci esuli. Questi in particolare, così lontani dalla loro terra natale, si troveranno a dover fare i conti con la solidarietà (talvolta anche troppo esuberante) degli olandesi, e con una nuova vita, che li costringerà a interrogarsi sulla propria identità.
I personaggi tratteggiati da Abdollah sono davvero piacevoli. Dal bel Memed, che si lega in maniera un po’ burrascosa a una giovane del posto, a Lina, interprete che si fa in quattro per aiutare i nuovi arrivati a integrarsi (al punto che viene eletta in Parlamento), fino a Khalid, erede di una famiglia di miniatori del Corano, che si reinventa come restauratore e pittore (di gay). La vita della comunità è scandita dai dodici anziani, che tengono vive le tradizioni e la memoria, ma ovviamente non mancano gli scontri generazionali, in particolare con la giovane Pari, anima ribelle sempre pronta a scuotersi di dosso le catene della tradizione.
Il romanzo di Abdollah non affronta però soltanto gli aspetti “quotidiani” di questo variopinto angolo di mondo, ma inserisce il tutto nel difficile contesto degli anni successivi, dalle ondate di profughi dell’ultimo ventennio al 11 Settembre con le sue Torri Gemelle; Abdollah ci racconta di difficoltà e diffidenza verso un mondo geograficamente a due passi da noi, ma che conosciamo poco, pochissimo.
Da quando Kader Abdolah ha cominciato a scrivere nella “lingua della libertà” è diventato uno dei più importanti e amati autori olandesi.
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