Sabbia nera è il terzo libro dell’autrice siracusana Cristina Cassar Scalia, dopo La seconda estate e La stanza dello scirocco. Medico oftalmologo, la Scalia attualmente vive e lavora a Catania.
Sabbia nera: la trama
“La sommità dell’Etna assomigliava a un braciere che vomitava fuoco, sovrastato da una colonna di cenere e lapilli.”
Cos’è la sabbia nera che dà il titolo a quest’opera? La polvere dell’Etna, che sparge sulla città quando il vulcano (“la muntagna”) si risveglia ogni tanto.
Protagonista del romanzo è Giovanna Guarrasi, Vanina per gli amici che riescono a non storpiare il nome in Vannina. Vicequestore trentanovenne palermitana assegnata alla sezione reati contro la persona della Mobile di Catania arriva da una non molto riuscita parentesi milanese; è amante della buona cucina e dei vecchi film italiani, meglio se d’autore e ambientati in Sicilia.
La storia inizia con Alfio Burrano che si reca alla villa padronale di cui possiede una parte ereditata dalla vecchia zia e mentre controlla una perdita di acqua scopre dietro una parete nascosta un montacarichi, o portavivande, dentro il quale si cela un cadavere mummificato. Una donna, morta come si scoprirà da quasi 50 anni, e vari accessori tra cui quella che sembra una cassetta di sicurezza piena di vecchie 10.000 lire rappresentano il giallo su cui la Guarrasi dovrà indagare, e ci farà conoscere i vari personaggi che la attorniano: nuove reclute che devono imparare il mestiere, vecchi amici ormai in pensione che la aiutano, come l’ottantenne Biagio Patanè, ex commissario della Mobile, e soprattutto la città di Catania.
Il libro è un giallo, un poliziesco italiano ed è scritto in maniera semplice e non troppo pesante , nonostante qualche termine in dialetto siciliano che lo rende accostabile per alcuni alle opere riguardanti Montalbano, ma che a mio avviso non ne condivide la difficoltà di lettura. L’uso che l’autrice fa delle descrizioni è molto originale, infatti alcuni personaggi li rende vivi quasi come se li vedessimo avanti agli occhi: come non immaginare il commissario Patanè che sembra un “Lando Buzzanca in versione anziana”? O il sovrintendente Nunnari che appare goffo come “palla di lardo” del meraviglioso film Full Metal Jacket?
Non un capolavoro ma una lettura piacevole e non impegnativa per chi ama il giallo italiano.
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