Curiosando su Dante Alighieri…

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Articolo aggiornato giorno 13 Aprile 2022

Nel 2021 si sono festeggiati i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, nato a Firenze nel 1265 e spentosi in esilio, a Ravenna, nel 1321.

In realtà si chiamava Durante. Anche se siamo abituati a chiamarlo Dante, in realtà il poeta si chiamava Durante Alighieri. Come accade spesso in Toscana e non solo, in seguito il nome venne abbreviato per pronunciarlo più facilmente, così Durante divenne Dante.

La Divina Commedia, il testo per cui è più conosciuto, non è solo un libro ma anche un sapere di Dante relativo a fatti, persone e luoghi dell’Italia. In tutta la Divina Commedia ci sono luoghi italiani che Dante cita, ad esempio parla del Benaco, che altro non era se non l’antico nome del Lago di Garda o la “ruina” cioè la frana a Marco di Rovereto (Trentino) che cita nell’Inferno. Inoltre, nella Divina Commedia Dante inserì anche personaggi a lui amici o nemici e anche contemporanei, in questo caso creando non pochi dissapori quando ne scriveva male o li collocava all’Inferno. Uno dei personaggi in vita di cui scrisse fu Cangrande Della Scala, signore di Verona dove Dante trovò rifugio dopo essere stato mandato in esilio. Poteva scriverne male? Certo che no. Infatti gli dedica il Paradiso ed è nominato ancora nel Paradiso.

Beatrice e Gemma, le donne di Dante

Beatrice Portinari fu il grande amore di Dante. La vide pochissimo e la ragazza andò giovanissima in sposa ad un altro. Morì giovane e da quel momento Dante ne fece, anche per superare il dolore per quella perdita, la sua musa ispiratrice. Probabilmente la idealizzò un po’ troppo, c’è infatti da ricordare che praticamente la conosceva solo di vista, eppure non solo ne rimase sempre innamorato ma ne fece la su guida nel Paradiso.

La povera Gemma Donati, invece, fu una donna che sposò perché costretto. Fu infatti un matrimonio combinato tra le due famiglie fiorentine, gli Alighieri e i Donati e Dante sposò la ragazza quando aveva vent’anni. Sembra che il matrimonio con Gemma non sia stato felice. Bastano due fatti a farcelo pensare. Il primo: a differenza dell’amata Beatrice, di cui scrisse sempre moltissimo, Dante non scrisse mai neppure un rigo, niente di niente, sulla moglie. Insomma per una donna che di fatto non conosceva, morta in età precoce, che di fatto era un amore impossibile Dante scrisse di tutto, per la moglie, una donna che cercò di restare sempre al suo fianco, una donna che aveva sposato, non pensò mai di scrivere qualcosa, anche solo una minuscola poesia.

Il secondo fatto: quando Dante per via della politica-siamo nelle guerre tra guelfi e ghibellini-fu costretto all’esilio, Gemma rimase a Firenze. Di fatto non lo seguì in giro per l’Italia, mentre cercava rifugio nella varie corti. Per di più Dante era dei guelfi bianchi, Gemma dei guelfi neri, per cui erano separati anche dal punto di vista politico. La coppia ebbe tre (forse 4) figli di cui uno, Pietro, fu giudice proprio in quella Verona dove il padre aveva trovato inizialmente rifugio.

Il figlio Pietro a Verona

Il figlio di Dante, Pietro, nato nel 1300, visse per la maggior parte della sua vita a Verona, nel Palazzo Bevilacqua. Studiò a Bologna e divenne magistrato, in seguito fu anche critico letterario. Compose egli stesso dei testi, partendo sempre dal lavoro del padre. Tra i figli che ebbe uno fu chiamato Dante come il nonno. Pietro morì a Treviso nel 1364.

Qual era il vero volto di Dante?

Siamo abituati a immaginare Dante Alighieri con il volto affilato, il naso aquilino molto pronunciato, avvolto in una veste rossa (di solito). Lo scorso novembre si è svolta ad Orvieto la mostra dal titolo “Il vero volto di Dante Alighieri-l’Avventura di un quadro”.

L’esposizione ruotava su un quadro di autore sconosciuto che ritrae Dante secondo la caratteristiche che gli aveva conferito Giovanni Boccaccio, che tra l’altro lo descriveva con la barba. Un fatto insolito che infatti si vede nel dipinto con un Dante che pare abbastanza differente da come siamo abituati a raffigurarcelo. Prima di tutto per la barba, poi per gli occhi più evidenti rispetto ai ritratti e il naso sì aquilino ma meno pronunciato del solito. Il quadro è rimasto per oltre 60 anni nell’ufficio del primo cittadino di Orvieto ed è stato esposto per la mostra in occasione anche dei 700 anni dalla morte del poeta.

I tratti somatici descritti da Boccaccio si trovano anche altrove, ad esempio nel ritratto grafico eseguito per il frontespizio dell’edizione veneziana della Commedia da Francesco Sansovino alla metà del Cinquecento. Insomma pare che Dante fosse un sommo poeta “barbuto”.

La tomba di Dante a Ravenna

Ravenna fu l’ultimo rifugio di Dante e la sua tomba si trova in questa città nella cosiddetta “Zona del Silenzio”. Durante la seconda guerra mondiale fu necessario spostare i suoi resti, seppellendoli poco lontano ma in maniera meno appariscente rispetto al monumento, per evitare che i bombardamenti potessero colpire l’ultima dimora del sommo poeta, che in seguito tornò all’interno del monumento che ospita i suoi resti. Anche nei secoli precedenti i resti mortali di Dante erano stati nascosti, prima per non renderli ai fiorentini, che volevano il corpo del “loro” poeta, poi per l’editto di Napoleone che voleva sopprimere gli ordini monastici, così i frati nascosero Dante che riapparve sempre quando le acque si erano calmate.

Dante a fumetti

Anche i fumetti si sono occupati di Dante. PaperDante è un libro della Disney per far comprendere e far conoscere Dante qui è visto sotto le sembianze di un papero.

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Lara Zavatteri

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