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Articolo aggiornato giorno 16 Dicembre 2025
«L’amore è incomprensibile, una forma di pazzia». È da questa verità spiazzante che prende forma Grande meraviglia, il romanzo con cui Viola Ardone completa idealmente la sua trilogia del Novecento, dopo Il treno dei bambini e Oliva Denaro. Un’opera intensa, delicata e feroce allo stesso tempo, capace di raccontare l’umanità nei suoi luoghi più fragili, laddove la vita si mescola alla follia e la normalità perde ogni definizione netta.
La protagonista: Elba e il suo mondo
Al centro della storia c’è Elba, una ragazzina dal nome insolito, scelto da sua madre, che richiama un fiume del Nord. Elba cresce in un luogo che lei chiama mezzomondo, uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione che il lettore scopre essere un manicomio. È qui che Elba vive con la madre fino alla sua scomparsa, ed è qui che impara a osservare il mondo attraverso uno sguardo candido, diretto, disarmante. Nel suo racconto, il manicomio diventa un luogo insieme buffo e terribile, proprio come la vita: una definizione che racchiude perfettamente il tono del romanzo.
Viola Ardone sceglie una prospettiva narrativa potente: quella dell’infanzia che guarda senza filtri. Elba cresce compilando il suo personale “Diario dei malanni di mente”, una sorta di catalogo umano e affettivo attraverso cui prova a dare ordine a ciò che la circonda. Racconta alle nuove arrivate del reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette, di Nana la cana. Nomi che sembrano usciti da una fiaba, e che invece appartengono al solo universo che Elba conosce, quello che per lei è casa, rifugio e confine del possibile.
L’arrivo di Fausto Meraviglia e il tema della paternità
Il romanzo si muove così come un autentico romanzo di formazione, in cui la crescita non passa attraverso tappe tradizionali, ma attraverso la perdita, l’osservazione e il tentativo continuo di essere riconosciuti. Il bisogno di esistere, infatti, è uno dei temi centrali di Grande meraviglia: esistere per l’altro, nello sguardo dell’altro, nell’amore che non dipende mai solo da chi lo desidera.
Questo equilibrio precario viene spezzato dall’arrivo di Fausto Meraviglia, un giovane psichiatra che incarna una visione nuova del mondo e della cura. È lui a voler portare Elba fuori dal manicomio, ed è sempre lui a credere nella possibilità di eliminare i manicomi, in linea con quanto previsto dalla legge Basaglia, approvata pochi anni prima. La sua non è solo una scelta professionale, ma un atto profondamente umano e politico.
Fausto Meraviglia accoglie Elba in casa sua, come una figlia. Non una figlia biologica, ma l’unica che ha scelto. In questo rapporto si gioca uno dei nuclei emotivi più forti del romanzo: grazie a Elba, Fausto – che non è mai stato un buon padre – impara il peso e la forza della paternità. Un legame che cresce lentamente, fatto di responsabilità, tentativi, errori e scoperte reciproche.
Lo stile narrativo di Viola Ardone
Con una scrittura intensa, originale e piena di musica, Viola Ardone restituisce al lettore una storia che parla di amore, di riconoscimento e di libertà. Grande meraviglia non offre risposte semplici né soluzioni rassicuranti. Racconta piuttosto il mistero dell’amore degli altri: qualcosa che non possiamo controllare, che non dipende mai solo da noi, e che proprio per questo è insieme mistero e prodigio.
In conclusione, Grande meraviglia è un romanzo che colpisce per la sua capacità di trasformare un luogo di esclusione in uno spazio narrativo di straordinaria umanità. Un libro che completa in modo coerente e potente il percorso di Viola Ardone nel Novecento, confermando la sua capacità di raccontare la ferocia e la bellezza della vita con uno sguardo limpido e indimenticabile.
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