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Articolo aggiornato giorno 28 Aprile 2019
La lunga vita di Marianna Ucrìa è un romanzo di Dacia Maraini, pubblicato nel 1990; nello stesso anno vinse il Premio Campiello e divenne Libro dell’Anno.
La lunga vita di Marianna Ucria: la recensione
La storia si svolge in Sicilia nella prima metà del Settecento, notiamo fin dalle prime pagine il clima di arretratezza che avvolge ancora questa terra, rispetto alla rivoluzione che sta colpendo il resto della penisola.
Protagonista è la dolce Marianna, terza figlia del duca Signoretto Ucrìa di Fontanasalsa, ma lei è diversa da tutti perché pur essendo nata perfettamente sana, Marianna è mutola: è diventata sordomuta quando era molto piccola, per cause apparentemente sconosciute.
Questo handicap rende Marianna speciale, forse è proprio questa sua condizione a darle quella sensibilità che la contraddistingue. Nonostante tutto anche lei non sfugge al destino delle donne della sua classe sociale e per non sprecare il patrimonio di famiglia o il titolo con un matrimonio svantaggioso, è data in moglie, appena tredicenne allo zio Pietro.
Il marito-zio, così com’è chiamato da Marianna, accetta il suo handicap. Il romanzo non si sofferma sugli aspetti più obsoleti di queste tradizioni, infatti leggiamo che Marianna dopo un iniziale rifiuto, accetta il matrimonio e darà alla luce più di un figlio.
Il romanzo non si sofferma sulle difficoltà della condizione di Marianna, ma ci racconta la sua visione del mondo e della sua tenacia nell’affrontare qualsiasi situazione. Costretta in un matrimonio senza amore, metterà tutta se stessa nella ricostruzione della villa di Bagheria. Onorerà fino alla fine il marito, anche dopo la scoperta di un terribile segreto. Scoprirà anche l’amore, quell’amore passionale che non ti fa capire nulla, ma anche allora manterrà il controllo. Alla fine andrà in giro per l’Italia, impavida e testarda.
Una figura femminile ubbidiente ma impavida: Marianna alla fine non scappa dai suo i doveri, accetta tutte le costrizioni sociali che le sono imposte, ma c’è nel suo animo qualcosa che freme e alla fine, quando avrà adempito tutti i suoi obblighi e non le sarà rimasto altro che invecchiare, si scoprirà libera.
La storia è narrata in terza persona, ma si percepisce ampiamente la presenza di Marianna, la sua visione delle cose, attraverso i suoi bigliettini, le descrizioni di paesaggi, colori, forme e profumi. L’handicap che l’ha colpita si scopre essere la sua salvezza, l’ha portata su un piano separato da tutti gli altri: non è uguale alle altre donne aristocratiche, ma non è può essere tratta nemmeno come una povera storpia e ciò le conferisce un modo tutto suo di vedere il mondo e una sensibilità che va al di là del ceto sociale.
La Marianna del romanzo si ispira a un personaggio realmente esistito, Marianna Alliata Valguarnera, antenata di Dacia Maraini. L’autrice racconta che durante un soggiorno a Bagheria, vicino a Palermo, nella Villa dei Valguarnera, in uno dei saloni vide un quadro che rappresentava una donna con un foglietto tra le mani e aveva uno sguardo penetrante se pur un po’ assente. Le dissero che il quadro raffigurava la contessa che aveva fatto costruire la villa nel 1700 e che i bigliettini erano il suo unico modo di comunicare perché era sordomuta.
Da questo evento nasce la storia di Marianna Ucrìa, anche se della contessa del quadro non è rimasta alcuna biografia e quindi le vicende del romanzo sono frutto dell’immaginazione di Dacia Maraini.
Dacia Maraini è un personaggio eccezionale: scrittrice, poetessa, saggista, drammaturga e sceneggiatrice italiana, fa parte della “generazione degli anni trenta“, insieme ad alcuni dei più importanti autori della letteratura italiana.
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