Liberazione di Sàndor Màrai

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Articolo aggiornato giorno 4 Marzo 2016

Liberazione. È questo il titolo del romanzo dello scrittore ungherese Sandor Marai.

Ci troviamo a Budapest alla fine del 1944 e l’Armata Rossa sta per sopraggiungere. Erzsébet è una giovane donna di venticinque anni, figlia di un scienziato ricercato dai tedeschi. A causa del cognome che porta è costretta a fuggire e nascondersi dietro documenti falsi. Questa è la guerra: ti fa sentire braccato, sempre in fuga, la paura che ti toglie il respiro fino ad arrivare a fidarti di chi non conosci. A causa del conflitto Erzsébet è, infatti, costretta a murare vivo suo padre insieme ad altri fuggiaschi senza nome e senza volto.

Per tutto il romanzo possiamo seguire il flusso di pensieri di Erzsébet, sappiamo ciò che pensa, ciò che prova, ogni singola emozione, speranza e paura. Possiamo rivivere la guerra e le sue atrocità attraverso lo sguardo di questa giovane donna. Fino al momento in cui lei ed altre persone si rifugiano in uno scantinato sotterraneo. L’assedio è vicino. In quello spazio buio e stretto, dove ogni essere umano perde la propria dignità, Erzsébet convive e condivide tutto: cibo, acqua, aria, incubi e paure.

Lei, come tutti, ascoltando il frastuono delle bombe sopra le loro teste, aspetta. Che cosa? La libertà.

Solo quando l’assedio finisce Erzsébet incontra il suo primo russo; colui che avrebbe dovuto portare la liberazione. D’improvviso, occhi negli occhi, la ragazza sente una nuova emozione che non si aspettava di provare: delusione.

Il romanzo è apparentemente statico, chiuso nello spazio di una cantina e esteso nell’arco di poche settimane. Di fatto è estremamente dinamico, corre e viaggia veloce, nell’anima di Erzsébet e per noi, come per lei, il tempo si dilata, confondendo il giorno con la notte. Avvincente e mai banale è una storia che ti incatena fino all’ultima parola, lasciandoti poi con una domanda senza risposta: “e adesso?” .
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Andrea Roxana Pica
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