Articolo aggiornato giorno 6 Novembre 2017
Figura controversa e discussa, quella di Limonov (al secolo Eduard Veniaminovich Savenko), dissidente russo nato a Dzerzinsk nel Febbraio del 1943, figlio di un giovane ufficiale del NKVD e di una casalinga. Stalinista, ma al contempo poeta maledetto ed eroe dell’underground moscovita, ha attraversato il ventesimo secolo sempre alla ricerca di un posto in questo nostro Universo, quasi sempre in maniera provocatoria, al limite dell’offensivo (o della carogna, secondo i punti di vista), forse compensibilmente viste le sue profonde radici (non solo culturali) nel mondo sovietico.
“Limonov è un libro stupefacente, inclassificabile.”
Dalla vita di questo antieroe egocentrico e comunista, ai limiti del nazionalsocialismo (nel 1991, alla caduta del U.R.S.S., fonda il partito Nazionalbolscevico la cui bandiera è ripresa da quella nazista con una falce e martello al posto dela svastica), Emmanuel Carrere trae questa biografia romanzata, dettata forse in parte dalla curiosità di investigare il personaggio e i motivi del suo (tutto sommato) successo, e in parte per fornire al lettore uno spaccato di storia, dal secondo dopoguerra alla Russia di Nikita Chruščëv e Leonid Breznev, dal crollo del Muro di Berlino al disfacimento dell’Impero Sovietico, dai movimenti underground moscoviti e newyorkesi fino alla Guerra nell’ex Jugoslavia.
In tutta la caotica sequela di eventi, che furono gli anni ’60, ’70, ’80 e ’90, sempre Limonov (soprannome attribuitogli dal vecchio gruppo di amici di Kharkov, dove si trasferì la famiglia poco dopo la sua nascita) cerca una via di fuga, un modo per imporre sé stesso al grande pubblico, in un misto di disprezzo per coloro i quali ce la fanno (sarà sempre caratterizzato da un forte classismo), e di cieco amore per i comunisti vecchio stampo, ancora capaci (ai suoi occhi) di sapere vivere con onore e rigore (cosa che secondo lui l’Occidente ha perduto, o forse non ha mai avuto). Questa sua tensione verso un’affermazione che stenta ad arrivare, lo porteranno prima a battere la primissima scena underground di Mosca da cui poi, poeta innamorato, se ne andrà trasferendosi a New York, con tutto quello che a quei tempi ciò comportava (l’esilio a vita dall’Unione Sovietica), dove si ritroverà cameriere proprio di uno di quei ricchi che lui tanto disprezza. Da New York, Limonov si trasferirà poi a Parigi e da qui, lentamente, di nuovo a Mosca (dove tutt’ora vive) con frequentazioni, negli anni, fra le più disparate (fra cui estremisti neofascisti e signori della guerra slavi).
Leggendo le pagine del romanzo biografico di Cerrere ci si domanda “ma questo è vissuto veramente?”. Quando ci si ripete nuovamente che la risposta è “sì!”, si viene avviluppati ancor più in profondità dai pensieri di Limonov, dai suoi aneddoti e dal contesto storico all’interno del quale si muove, alla continua ricerca della vita vera, vissuta con emozioni forti ed estreme (prendere parte alla guerra nei balcani ed escogitare un modo per far scoppiare una rivoluzione armata in Kazakistan saranno alcune delle esperienze più importanti della sua vita). Trovo difficile non provare simpatia per questa sorta di anti-eroe, un po’ attaccabrighe un po’ uomo da marciapiede, e per il personaggio che si è ritagliato negli anni, anche se trovo altrettanto difficile scacciare il pensiero che, in fin dei conti, più di qualche volta ha impugnato armi con la consapevolezza che queste uccidono davvero.
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