Articolo aggiornato giorno 9 Marzo 2016
Nelle tenebre di Norimberga di G.M. Gilbert si affronta uno degli episodi più discussi del secondo dopoguerra, ovvero il processo tenutosi appunto a Norimberga ironia del caso il luogo dei raduni faraonici di Hitler e dei suoi contro alcuni dei criminali nazisti.
Solo alcuni, perché in taluni casi si erano suicidati, come Goebbels, la moglie Magda e i figli (avvelenati dalla stessa madre perché non fossero costretti a vivere in una Germania senza il Führer) nel bunker di Hitler, altri erano fuggiti, come Adolf Eichmann che sarà rintracciato però negli anni Sessanta in Sudamerica e processato, altri ancora sono riusciti a far perdere per sempre le loro tracce come Mengele.
Tra coloro che sono stati alla sbarra, Albert Speer, l’architetto di Hitler, Goering, suo braccio destro fin quando cadde in disgrazia e fu accusato dallo stesso capo del Reich di tradimento, Hoess, a capo del campo di concentramento di Auschwitz, Frank, governatore della Polonia, Doenitz, l’ammiraglio che Hitler aveva nominato suo successore prima di suicidarsi, ed altri.
A raccontare la loro detenzione, i loro pensieri, le loro idee, oltre a dar conto dei loro comportamenti in sede di processo e una volta appresa la sentenza, è G.M. Gilbert, lo psicologo americano che seguì i 23 criminali nazisti e che appuntò visite, considerazioni, test su un taccuino che poi divenne un libro.
Il più borioso, come difatti si può vedere nelle immagini e nei filmati del processo, è senza dubbio Hermann Goering anche se afferma di aver solo obbedito agli ordini e di non sapere nulla delle atrocità perpetrate nei confronti degli ebrei nei campi. Un modus operandi che sarà seguito un po’ da tutti, convinti che solo per il fatto di obbedire ad un ordine la morale del singolo potesse essere annientata, come se non avessero mai posseduto una coscienza prima di un cervello pronto ad ubbidire.
Forse l’unico fuori dal coro è Hoess, comandante del campo di Auschwitz, catturato dopo gli altri. Lui non può dire di non sapere ed anzi si dilunga sulle metodologie utilizzate per uccidere anche 10 mila persone al giorno grazie alle camere a gas, davanti allo psicologo che, pur attonito, tutto annota, perché non vada perso. Hoess parla in modo neutrale, come se il suo incarico fosse stata normale routine, e ammette che solo con il suicidio di Hitler ha pensato che avrebbe potuto essere arrestato e giustiziato per i suoi crimini (lui non li chiama mai in questo modo, tuttavia).
Tra chi è convinto di poter dimostrare la propria innocenza, chi si sente già condannato e chi ha perso la memoria, come Hess, anche se in realtà non si appurò mai del tutto se fosse amnesia vera o presunta, il processo si avvia alla conclusione. Lo psicologo scrive sensazioni di ognuno, quando ormai la fine è giunta.
Completa il libro una cronologia sull’ascesa e la caduta della Germania nazista.
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