Articolo aggiornato giorno 8 Marzo 2016
Stati Uniti d’America, prima metà degli anni ’60: il “black power” e gli altri movimenti per l’uguaglianza razziale iniziano a farsi sentire nella società civile. Eventi traumatici scuotono le coscienze: l’uccisione del presidente in carica John F. Kennedy per mano di un bianco segregazionista; la grande marcia su Washington (28 agosto 1963) nella quale il reverendo Martin Luther King pronunciò il suo storico discorso I Have a Dream con la presenza di oltre 30.000 manifestanti bianchi.
In questo quadro storico si colloca il romanzo di formazione The Help, il primo di Kathryn Stockett, pubblicato originariamente col titolo l’aiuto nel 2009 da Mondadori. Ambientato a Jackson, una città del Mississipi, una di quelle con il più alto tasso di omicidi tra bande. La separazione tra bianchi e neri invadeva tutti i settori della società: bus, scuole, ospedali, supermercati; l’intera città era divisa nella parte nera e nella parte bianca borghese, tanto perbene quanto ipocrita, quella parte che organizzava aste di beneficienza per mandare soldi o scatolette di cibo ai bambini poveri e affamati dell’Africa ma nello stesso tempo si rifiutava di condividere cibo, toilette e divano con le domestiche che abitavano solo dall’altra parte della città.
E proprio sul rapporto tra domestiche afro-americane e donne bianche è incentrato questo romanzo, narrato attraverso tre diversi punti di vista: due domestiche, Aibileen e Minny e un’aspirante scrittrice, Eugenia Phelan. The Help non è soltanto il titolo del romanzo della Stockett ma è anche il titolo che sceglieranno le domestiche e la scrittrice Eugenia Phelan per il libro che racconta le loro testimonianze; grazie a quel libro quale finiranno, loro che non godevano dei più banali diritti civili, col sentirsi più libere delle loro padrone bianche, così chiuse dentro la loro testa da non riconoscere nemmeno quando nel libro leggono di sé.
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