Articolo aggiornato giorno 26 Giugno 2018
Vite “minime” che pure grazie ad una canzone o ad uno scritto restano, si possono raccontare. Lo ha fatto il cantautore e scrittore Francesco Guccini nel libro Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto, racconti brevi in cui narra esistenze umili, episodi grotteschi, divertenti, commoventi.
Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto: la trama
Il matrimonio è quello del 1948 cui prese parte lo stesso Guccini, allora bambino. Al mulino dei nonni vide arrivare una domenica mattina, un’intera comitiva di gente che accompagnava gli sposi in chiesa, gente che aveva scarpinato per ore per raggiungere il luogo e che l’avrebbe fatto, in seguito, pure per tornare a casa, ma che non se ne lamentava. Lo scrittore rievoca il tutto attingendo ai suoi ricordi, compresa la grande chiesa, come gli appariva allora, cibi e bevande che gli adulti trangugiarono (lui meno, essendo solo un bambino), la musica di una fisarmonica che accompagnò la giornata.
Ma non era certo finita lì, infatti in Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto Guccini ricorda che la baldoria continuò poi a casa dello sposo, dove la comitiva ballò fino a notte inoltrata.
Il funerale è quello di Gigi de l’Orbo, uomo dalla forza sovrumana, anche se l’orbo era in realtà suo padre e non lui, di cui Guccini rammenta aneddoti che la gente ricordava durante il funerale e quindi il libro raccoglie tutta una serie di racconti su personaggi a loro modo mitici, narrando di un tempo che non c’è più, di modi di dire, di fare, di ritmi che si sono persi.
C’è il sarto che racconta tra un bicchiere e l’altro di Vin Santo, ma anche la misteriosa apparizione del gatto Pallino. Guccini conobbe la signora Tina, proprietaria del gatto Pallino-e convinta che l’anima della madre di Pallino si fosse trasferita in lui-dal veterinario, dove anche Guccini portava spesso il suo amico felino per via delle risse tra gatti da cui usciva sempre malconcio. Tempo dopo, la signora Tina confidò al cantante di avere poco da vivere e gli chiese, in caso di sua dipartita, di occuparsi di Pallino. Guccini promise e quando la signora Tina mancò, d’improvviso arrivò Pallino in casa, solo che il gatto della signora era morto da tempo. Che fosse stato il suo fantasma?
Guccini racconta anche di Beatrice, la pastora che sapeva poetare a braccio, anche se era analfabeta, emblema delle donne di una volta, tra la fatica dura, durissima dei campi, la casa, i numerosi figli e, nonostante tutto, la voglia di trovare una propria voce, in questo caso in poesia.
Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto racconta di persone semplici, ma pure, vere, di un’Italia ormai scomparsa da riscoprire con questi racconti.
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