Articolo aggiornato giorno 9 Marzo 2016
Vajont, il giorno dopo dell’autore Fulvio Comin racconta cosa è accaduto dal 10 ottobre, per l’appunto il giorno successivo alla catastrofe del Vajont, che vide franare il 9 ottobre 1963 milioni di metri cubi di montagna (il Toc) dentro la diga.
L’urto provocò una tragedia senza pari, con interi paesi distrutti e letteralmente spazzati via dalla faccia della Terra, mentre quelli che erano stati solo lambiti dall’acqua si disgregarono comunque in altro modo, come Erto dove la popolazione si sparse per vari paesi facendo sì che la vecchia Erto non esistesse quasi più, fino alla costruzione di un nuovo paese più a monte e l’abbandono dell’altro.
Chi quella notte riuscì a sopravvivere, i pochi che l’acqua e la montagna non trascinò via con sé, si salvò per aver cercato rifugio verso l’alto, per aver corso a perdifiato verso un possibile salvezza. Non tutti ci riuscirono, ma alcuni sì. Chi quella notte si salvò cercò altri superstiti, riuniti attorno ad improvvisati fuochi, come a farsi coraggio dopo aver vissuto sulla propria pelle l’inferno. Passata la notte, tutto divenne chiaro.
Il 10 ottobre chi si affacciò per vedere cosa era rimasto della cittadina di Longarone restò ammutolito. Non c’erano più case, strade, piazze, ma solo una grande, accecante spianata di fango, un fango che tutto aveva coperto dopo il passaggio tremendo dell’acqua che tutto aveva piallato. Così anche in molti altri paesi e frazioni, dove non restava nulla ad indicare che fino al giorno prima lì c’erano persone che vivevano e lavoravano nulla se non, qua e là, qualche pezzo di abitazione, un pavimento, nulla più.
Mentre arrivava l’esercito con i suoi elicotteri per soccorrere i feriti e cercare i morti, poco a poco, già da quel 10 ottobre ci si rese conto di una verità tragica. Non solo i sopravvissuti erano molto pochi, ma cercare dei corpi da mettere in una bara sembrò un’impresa impossibile. Il Vajont infatti, con la sua potenza, aveva distrutto anche i corpi, il vento che si era levato aveva fatto il resto e il fango aveva sepolto per sempre anche i poveri resti. Furono pochi infatti i corpi ritrovati, per gli altri rimase una croce in un cimitero, con sotto il nulla.
Vajont, il giorno dopo cerca di descrivere non solo la drammatica realtà con cui dovettero fare i conto gli abitanti e i soccorritori, ma anche il senso di straniamento, il trauma che la popolazione si portò dietro e ancora si porta dietro ancora oggi.
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